Delle circa 1.500 varietà di bambù che popolano la terra, è facile sostenere che il Moso sia la più importante di tutte, ma come si coltiva il bambù gigante?
Noto anche come Phyllostachys edulis, Il bambù della varietà “Moso” non è una novità, ma negli ultimi anni ha scatenato una rivoluzione nel settore agricolo, tessile e delle costruzioni.
Quando senti parlare di abbigliamento e pavimenti in bambù, molto probabilmente si tratta di prodotti realizzati con il Moso. Quando vedi impalcature di bambù sui grattacieli in Cina, Taiwan e Hong Kong, è molto probabile che sia Moso. E quando le persone parlano del bambù che cresce a ritmi strabilianti, il Moso è proprio una delle varietà che si sviluppano a importanti velocità ed altezze.
Le origini del bambù
Se il bambù cresce ovunque nel mondo, grazie alla capacità di resistere a temperature sia sopra che sotto lo zero, si pensa che la sua origine sia stata in Cina, dove si registrarono i primissimi utilizzi del bambù per produrre oggetti di tutti i giorni.
Ancora oggi, la specie di bambù più importante in Cina è proprio il Moso, che copre circa 3 milioni di ettari, o 30.000 km2 del territorio. È la specie principale per la produzione di legname e germogli di bambù – non a caso il nome latino contiene la definizione “edulis”, “commestibile” – e svolge un ruolo molto importante per l’ambiente ecologico e per l’economia del paese.
Il bambù oggi
Nonostante sia “nato” in Cina, oggi il bambù è riconosciuto a livello mondiale come uno dei materiali più utili, versatili, resistenti e sostenibili in circolazione.
Non a caso, la sua coltivazione intensiva si è allargata a coprire praticamente tutte le aree del mondo che non siano soggette a grandi freddi: in occidente è molto diffuso negli Stati Uniti, sulla costa del Golfo del Messico, in Sudamerica e da qualche tempo anche in Europa, dove noi di Forever Bambù siamo orgogliosi di rappresentare il leader per la piantumazione di bambù gigante Moso.
Perché si coltiva il bambù gigante Moso?
Oltre ad adattarsi al nostro clima, il Moso produce il fusto dal legno di maggiore qualità, superando in durezza e resistenza molti legni pregiati, ha capacità di assorbire la CO2 superiori a una foresta tradizionale e oltre 1500 applicazioni industriali e manifatturiere.
Grazie alle sue caratteristiche specifiche, è uno dei materiali più adatti per la realizzazione di tessuti, con una resistenza tre volte superiore a cotone, rayon, lana, poliestere e altre fibre di uso comune.
Anche per la realizzazione di pavimenti, il Moso si dimostra ben più resistente di buona parte dei materiali attualmente a disposizione sul mercato. Inoltre, è una varietà piuttosto semplice da coltivare, che garantisce una buona resa e una vita produttiva, per ciascun bambuseto, di circa 100 anni.
Vediamo dunque, passo per passo, come si coltiva il bambù gigante Moso.
Coltivare il bambù Moso: la scelta del terreno
Le specie più grandi di bambù, come il Moso, crescono particolarmente velocemente e diventano più sane quando vengono esposte alla piena luce solare dopo il processo di germinazione. Per questo, si consiglia la scelta di un terreno soleggiato, caratterizzato da un cima temperato, con abbondante accesso all’acqua e ampio spazio per lo sviluppo del bambuseto.
Una volta maturo, infatti, il bambuseto costituisce uno spettacolo impressionante caratterizzato da canne alte 7 metri e più, che sovrastano chi vi passeggia e lasciano filtrare la luce del sole e l’aria attraverso il proprio lussureggiante fogliame. Non solo: ogni appezzamento di bambù superiore a 1 ettaro può costituire un prezioso habitat per volatili e piccola fauna.
Quando iniziare la piantumazione
Il Moso sopporta bene temperature sopra e sotto lo zero, ma nei primi mesi di vita della pianta è consigliabile evitare che sia esposta a gelate: per questo il periodo migliore per la piantumazione è la primavera.
Semi o rizomi?
Il bambù Moso, trattandosi di una specie “strisciante”, ha due modi di propagarsi: il primo tramite i semi, che possono essere piantati in un terreno idoneo e coltivati fino alla germogliazione. Il secondo invece prende le mosse da piantine già sviluppate e trapiantate nel terreno, le cosiddette “piante madre”, che generano sottoterra un rizoma dal quale si svilupperanno successivamente le canne.
Date le difficoltà di attecchimento che spesso si riscontrano nella piantumazione dei semi, è consigliabile scegliere piuttosto la coltivazione a partire dalle piante madri.
L’infanzia di un bambuseto
Dopo la semina, nel giro di relativamente poco sarà possibile ammirare i primi germogli di bambù, i cui tempi medi di germinazione sono intorno alle 3 – 4 settimane. Un culmo di bambù gigante, durante i primi 10 giorni della sua vita è detto germoglio, e misura pochi centimetri.
Superata la prima fase, il culmo si estende raggiungendo in soli 90 giorni il suo massimo diametro esterno e la sua altezza massima, ma è ancora allo stato erbaceo, morbido e con uno strato legnoso troppo sottile per essere utilizzato. Per questo è necessario lasciare che la pianta maturi in campo per 3-4 anni, durante i quali non aumenta di altezza né di diametro esterno, ma indurisce la sua struttura e maggiora lo spessore interno dello strato legnoso, generando il legname della qualità e quantità richiesta per il taglio.
Manutenzione
Per permettere alle piante di bambù di espandersi e svilupparsi al meglio, per i primi 6/7 anni si lasciano in campo tutti i culmi e i germogli spuntati. Ogni anno, la pianta maggiorerà la sua estensione in maniera esponenziale, e conseguentemente sarà maggiorato sia il numero dei nuovi culmi, sia la sua dimensione. Di conseguenza, una pianta che ha 7 anni produrrà un numero maggiore di culmi nuovi, e ben più grandi, rispetto a una pianta di 5 anni, e così via fino a raggiungere la maturità piena, ovvero quando arriva a produrre canne di dimensione commerciabile. Per questo, a partire dal 7° anno si effettuano “sfalci di assestamento”, ovvero il taglio delle prime canne prodotte nel campo, che risulteranno più piccole rispetto a quelle nate in seguito al raggiungimento della maturità della pianta, la quale inizierà quindi a sostituire le canne tagliate con nuovi culmi di maggiori dimensioni. In questo modo, intorno al 10° anno di vita del bambuseto si potranno raccogliere le prime canne di grandi dimensioni e resistenza, che a partire dal 7° anno si saranno sviluppate per 3 anni di crescita.
Un bambuseto a pieno regime: 100 anni di sogni
Grazie ai tagli di assestamento, intorno al 10° anno in campo saranno presenti solo canne nate nel 7°,8° e 9° anno, più i germogli nati nel 10° che diventeranno culmi nel giro di pochi mesi. È a questo punto che la coltivazione si può definire a regime, dato che sarà possibile tagliare ogni anno culmi di 3 anni che saranno sostituiti dai germogli appena nati, mantenendo così la coltivazione per numerosi decenni. La durata di vita media di un bambuseto a regime, infatti, è di ben 100 anni! Questo significa che, dopo i primi 10 anni di preparazione e assestamento, un bambuseto maturo darà frutti costanti per quasi un secolo, con poche esigenze di manutenzione e garantendo al contempo 100 anni di aria più pulita, ambienti sani per la fauna locale, rigenerazione dei terreni e numerose altre ricadute ambientali, oltre a quelle economiche che potranno beneficiare non solo chi ha sostenuto l’avvio del bambuseto, ma anche le generazioni successive.